martedì 14 aprile 2009

Contro le morti e gli incidenti sul lavoro
Tutti a Taranto, sabato 18 aprile

Le morti sul lavoro non sono incidenti, ma il risultato della criminale organizzazione del lavoro. Contro questa è stata organizzata per il 18 aprile a Taranto la manifestazione nazionale per la sicurezza sui luoghi di lavoro, contro la salute negata e la precarietà. Contro i morti sul lavoro, contro la distruzione e per il rafforzamento del Testo Unico sulla Sicurezza, contro l'attacco alla contrattazione nazionale e al diritto di sciopero, per l'estensione di tutti i diritti e le tutele minime dei lavoratori precari e a tutta la categoria degli appalti e delle esternalizzazioni.

La manifestazione si svolgerà a TARANTO, città-simbolo con più infortuni, malattie professionali, tumori, inquinamento e devastazione dell'ambiente. Proprio nella città pugliese ha sede l'ILVA, la fabbrica con più morti sul lavoro d'Italia.

Appuntamento alle ore 15. Partenza dai Tamburi in piazza Gesù divin lavoratore con attraversamento della città vecchia e arrivo in piazza della Vittoria dove sono previsti una ventina di interventi e una parte teatral musicale. Parleranno gli operai: dalla Thyssen all'Ilva, dai Cantieri navali di Palermo a Porto Marghera e a numerose altre fabbriche, delegati RLS, familiari, comitati di quartiere a partire da quello del quartiere Tamburi (che vanta il triste record italiano di bambini che hanno contratto gravi forme tumorali) per la presenza di diossina ambientalisti, ispettori del lavoro, rappresentanti di tutte le organizzazioni sindacali presenti e dei partiti politici che hanno aderito a livello locale e nazionale. Ci sarà anche una rappresentante delle zone terremotate.

La manifestazione è una atto di unità e solidarietà con i lavoratori e i cittadini di Taranto, ma anche un impegno a sostenere a livello nazionale la campagna per liberare tutte le città italiane dai morti da lavoro e dall'inquinamento.

Per adesioni: manifestazione18aprile@gmail.com
Per info: 339.1956669 - 333.8899163

mercoledì 8 aprile 2009

Eternit, via al processo storico


TORINO - «Finalmente giustizia». Nicola Pondrano, segretario della Camera del Lavoro di Casale Monferrato, dice due parole secche, ma forti, per sintetizzare il significato di una giornata storica, l'inizio del processo Eternit. La sua è una storia che arriva da lontano, dal 1974, quando per la prima volta entrò come operaio nello stabilimento di via Oggero. Non sapeva ancora di aver varcato la porta della fabbrica della morte. Anche se le avvisaglie c'erano tutte. Ma non ci mise molto a capire che qualcosa non andava. E da lì a poco, partì la lotta che con Bruno Pesce lo ha visto protagonista fino a oggi. Fino all'udienza preliminare per la strage silenziosa dell'amianto, quella fibra carogna che si infilava ovunque, magari nella tuta del papà che tornava a casa dal lavoro. Ecco perché i bambini degli anni Sessanta, senza aver mai messo piede nello stabilimento, sono i nuovi malati di mesotelioma. A Casale, la città più colpita, ne vengono diagnosticati 40 all'anno. E 1500 morti su una popolazione di 35 mila abitanti sono una cifra che spaventa.

Ieri, al Palagiustizia di Torino, il giorno tanto atteso per chi si è battuto in tutti questi anni: la prima seduta davanti al gup Cristina Palmesino. Per assistervi, da Casale sono arrivati 8 pullman, ma gente è venuta anche da Bagnoli, Cavagnolo e Reggio Emilia. Dalla Francia 200 persone e delegazioni pure da Belgio, Svizzera e Olanda. Basta questo per spiegare come il processo abbia già assunto una dimensione europea. I numeri sono maxi: 2889 le parti offese che potrebbero salire a 5700, in rappresentanza degli oltre duemila morti (dal 1952 in avanti). «E' un'impresa processualmente titanica», ha spiegato qualche giorno fa Raffaelle Guariniello che ha coordinato l'inchiesta contenuta in 200 mila pagine. La sfida è anche contro il tempo, contro il rischio prescrizione. Poco prima dell'inizio, il pm si è augurato che il processo sia giusto per tutti, per le vittime e per gli imputati: gli ex vertici della Eternit, lo svizzero Stephan Schmidheiny, 61 anni, e il barone belga Jean Louis De Cartier, 88 anni. Per entrambi, la procura di Torino ha chiesto il rinvio a giudizio per disastro doloso e omissioni di cautele antinfortunistiche. «L'Inail - ha aggiunto inoltre Guariniello - ha calcolato 246 milioni di euro di spesa sostenuta per indennizzare le vittime dell'Eternit». Per questo motivo, l'Istituto ha deciso di costituirsi parte civile per esercitare un diritto di rivalsa nei confronti della multinazionale.

Fuori dal Tribunale, striscioni e centinaia di persone. Un grande presidio, promosso dai sindacati e dalle varie associazioni impegnate nella lotta, che è stato battezzato Giornata europea per la giustizia delle vittime dell'amianto. «È l'inizio di un'altra grande battaglia. In questi anni ne abbiamo fatte tante anche sotto il profilo giuridico ma questa è senz'altro la più importante», ha commentato Bruno Pesce, coordinatore della Vertenza amianto. Accanto a lui, Romana Blasotti Pavesi, 80 anni, presidente dell'associazione dei familiari delle vittime, che ha perso il marito, la sorella, un nipote, un cugino e, infine, la figlia. Ma non si è mai data per vinta e ha continuato a chiedere giustizia. Al sit-in, c'era anche l'Andeva, l'associazione vittime amianto della Francia, presieduta da Alain Guerif. E poi, Renè Knepper, per 40 anni operaio Eternit, che in Borgogna ha vinto nel 1997 la prima causa civile d'amianto e guarda al processo di Torino come a un esempio, da seguire. Dietro alle bandiere della Cgil, ecco Enrico e Vincenzo da Bagnoli, che raccontano la loro dura vita in fabbrica, quando dei rischi per la salute non si parlava nemmeno. Si troveranno tutti a Parigi il 29 aprile per redigere una «carta europea dei diritti»». Hanno, infatti, costituito una multinazionale delle vittime, in contrapposizione a quella della «cupola» dell'amianto. Intanto, ieri l'Ispesl (Istituto superiore prevenzione e sicurezza sul lavoro) ha comunicato come i tumori da amianto (mesoteliomi) colpiscono 1.350 italiani ogni anno, con un'incidenza pari a circa 3,5 casi ogni 100 mila abitanti negli uomini e a un caso per 100 mila nelle donne.

La prima udienza si è conclusa con la presentazione delle domande di costituzione di parte civile da parte di numerosi enti pubblici, associazioni e di 500 persone. E' solo una prima parte, si continuerà mercoledì. Fra gli enti che hanno chiesto di costituirsi parte civile ci sono le tre Regioni interessate, Piemonte, Emilia Romagna e Campania, le Provincie di Torino e Alessandria, i Comuni piemontesi di Casale e Cavagnolo e il comune emiliano di Rubiera. Inoltre, Cgil e Cisl, Legambiente, Codacons, Medicina democratica, l'associazione famigliari vittime amianto di Casale e l'Associazione italiana esposti amianto. «Si tratta di un processo storico - ha affermato la presidente della Regione Piemonte Mercedes Bresso - in considerazione della grande quantità di danni che abbiamo subito. Non tanto per le produzioni industriali ma per il fatto di non avere detto che queste costituivano un grave danno per la salute. Tutto ciò ha creato danni immensi alla salute delle persone e al territorio e costi enormi di bonifica». Vittorio Agnoletto, europarlamentare Prc, e il consigliere regionale Alberto Deambrogio hanno, infine, denunciato l'assenza di rappresentanti del governo. Sulla stessa lunghezza d'onda Felice Casson del Pd che ha accusato l'esecutivo di versare lacrime di coccodrillo per i morti d'amianto ma poi, nel concreto, bloccare qualsiasi iniziativa per ridare dignità alle vittime.

di Mauro Ravarino
Da il manifesto del 7 aprile