mercoledì 29 luglio 2009

Strage della Umbria Olii
Lettera di una sorella

Sono Lorena Coletti sorella di una delle vittime della strage della Umbria Olii. Il 25 novembre 2006 quattro uomini si alzarono e partirono per andare al lavoro per guadagnarsi da vivere. Era di sabato, il lavoro lo avevano iniziato il martedì, dovevano installare delle passarelle sopra a dei silos. In quei silos c'era gas Esano, gas molto infiammabile, questo poiché nessuno aveva fatto una bonifica di questi silos. Verso le 13 di quel maledetto giorno un'enorme esplosione avvenì. Venni a sapere della notizia solamente la sera molto tardi. La moglie che lo aspettava per il pranzo non vedendolo tornare fece ungiro di telefonate verso i suoi colleghi, ma fu un vano tentativo, perchè non ottenne nessuna risposta. Fino a che non telefonò alla moglie del datore di lavoro che gli diedela notizia.

Giuseppe Coletti mio fratello, Maurizio Manili datore di lavoro, Vladimir Thode e Tullio Mottini erano morti nell'espolsione. Unico sopravvissuto Dimiri Claudio. Il proprietario della Umbria Olii fu indagato e rinviato a giudizio con l'accusa di omicidio plurimo con l' aggravante della colpa cosciente e della previsione dell'evento. Secondo l'accusa Del Papa avrebbe dovuto avvertire i lavoratori della ditta Manili, della pericolosità delle sostanze contenute nei serbatoi dove non era mai stata fatta la bonifica. Un'omissione che sarebbe secondo i giudici e i periti dell'accusa, alla base dell'incidente causato dall'utilizzo di una fiamma ossidrica per terminare i lavori sulla superficie metallica dei silos.

Il 24 novembre prossimo doveva iniziare il processo penale, ma Giorgio Del Papa e la sua difesa impugnano il tutto facendo ricorso in Cassazione. Oggi apprendo la notizia dal mio avvocato che la cassazione decide a ottobre sul rinvio a giudizio penale. Ma per la seconda volta viene alla mia famiglia fatta un'altra richiesta di risarcimento. Sono passati quasi tre anni, e l'anno scorso ci fu la prima richiesta: di oltre 35 milioni di euro. Ora mi chiedo se anche quest'anno la cifra sia sempre quella oppure, sehanno messo a conto anche gli interessi, visto il tempo che è passato. Sottolineo che a mio fratello Giuseppe Coletti è stata stroncata la vita, e a Giorgio Del Papa non è stato neanche dato un giorno di carcere e tanto meno di arresti domiciliari.

Questa è la giustizia Italiana! In tre anni mio fratello è stato ucciso diverse volte, ora dico basta. Degli operai che partono la mattina per fare il loro dovere, per mantenere la famiglia e fare una vita onesta e dignitosa, non meritano di morire. Come non meritano che la loro dignità venga calpestata da assurde richieste di risarcimento, mandate da chi li ha uccisi. Non lo permetto. Mi chiedo come un uomo se si può chiamare uomo, abbia il coraggio di alzarsi la mattina e di specchiarsi con quattro morti che pendono soprala sua testa. E' una cosa che mi fa venire i brividi solo a pensarci, mi chiedo se ha un cuore o al suo posto una pietra. Vorrei che lui sapesse che la vita di quattro persone vale molto più' diqualsiasi cifra che lui chiede. Ma il peggio di tutto è che è ancora libero e che lo stato Italiano gli permette di fare queste cose.

Chiedo inoltre di poter incontrare il Presidente della Repubblica per poter parlare personalmente con lui. Io non mi arrenderò e non permetterò più che la memoria di mio fratello e delle altre vittime venga calpestata, sono esseri umani morti per lavorare, non per divertimento. Finché avrò vita li difenderò; di sicuro non mi limiterò a fare fiaccolate, ma cercherò di fermare chi ancora una volta vuole calpestare i lavoratori di Italia. Basta prendersela con Giuseppe Coletti e le altre vittime della Umbria Olii.

Lorena Coletti

martedì 28 luglio 2009

Eternit, strage a processo



A Torino il 22 luglio si è chiusa l'udienza preliminare del processo Eternit. Il gup Cristina Palmesino ha deciso per il rinvio a giudizio dei due imputati: il magnate svizzero Stephan Schmidheiny e il barone belga Jean Louis De Cartier De Marchienne, proprietari in epoche diverse dell'industria di lavorazione d'amianto. Grande soddisfazione per i familiari delle vittime che dopo anni di lotta vedono aprirsi le porte del processo. La prima udienza è fissata per il 10 dicembre 2009.

Il video è realizzato dalla redazione torinese di PandoraTv
Angelo Artuffo, Ilaria Leccardi, Mauro Ravarino

domenica 26 luglio 2009

Amianto, nuove indagini a Torino

Malattie da amianto nel mirino di Raffaele Guariniello. Il magistrato torinese, che in settimana ha ottenuto il rinvio a giudizio dei vertici della Eternit per le migliaia di lavoratori vittime dell'asbesto, sta indagando anche sulla morte sospetta di 27 insegnanti.

L'amianto, fino a pochi anni fa molto utilizzato nella costruzione degli edifici scolastici, potrebbe infatti essere la causa scatenante del mesotelioma della pleura che li ha uccisi. Per il momento si tratta soltanto di un'ipotesi investigativa, supportata però dai dati raccolti dall'osservatorio torinese dei tumori professionali. Una struttura all'avanguardia, creata dallo stesso Guariniello all'inizio degli anni Novanta, dove vengono analizzati i tumori riscontrati in tutto il Piemonte.

Osservando gli ultimi dati, grazie all'ausilio dei propri consulenti, Guariniello si è accorto che negli ultimi 6-7 anni ben 27 insegnanti sono morti di asbesto, la stessa malattia per cui i vertici Eternit dovranno rispondere dei reati di disastro doloso e rimozione volontaria di cautele contro gli infortuni. Coincidenza o altro? "E' presto per rispondere", fa sapere Guariniello, che ha chiesto all'osservatorio di approfondire la conoscenza dei 27 casi.

lancio di agenzia Ansa del 25 luglio 2009

venerdì 24 luglio 2009

Il processo all'Eternit si farà


TORINO - Quando il gup Cristina Palmesino legge l'ordinanza di rinvio a giudizio per i due imputati dell'inchiesta Eternit, un applauso e un abbraccio sciolgono tutta la tensione accumulata in questi mesi d'attesa. Dovremmo dire anni - almeno trenta - di aspettative, lotte, dolore e speranza per la gente di Casale Monferrato, che ha patito questa tragedia. Almeno 1400 i morti nella cittadina piemontese. A cui si aggiungono i casi di Cavagnolo nel torinese, Ruviera in Emilia e Bagnoli in Campania. Una lunga catena di morti e malati: sono 3 mila in tutto quelli conteggiati nel capo d'accusa.

Il processo ai vertici Eternit si farà e inizierà il 10 dicembre prossimo. Sul banco degli imputati ci sono il barone belga Jean Loui De Cartier De Marchienne e il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny, che dopo aver trafficato nella lavorazione della fibra cancerogena è stato rappresentante dell'Onu per lo sviluppo sostenibile. Non sono dirigenti di secondo piano, ma i più potenti signori dell'amianto a livello internazionale: accusati entrambi di disastro doloso (reato che prevede fino a 12 anni di reclusione) e rimozione volontaria di cautele (fino a 5 anni). Non solo avrebbero causato il «disastro», ma non avrebbero nemmeno svolto azioni per prevenirlo né per limitarlo.

Il gup ha respinto tutte le obiezioni della difesa e ha accolto in toto le richieste della Procura di Torino, formulate al termine della maxi inchiesta coordinata dal pm, Raffaele Guariniello, che a caldo ha commentato: «E' stata scritta una pagina importante della tormentata storia dell'amianto in Italia e nel mondo». Un passo storico. Lo dicono un po' tutti, perché da nessuna parte, neanche in Francia, si è riusciti a intraprendere un processo così importante per numero di casi trattati e per il ruolo dei dirigenti coinvolti, la testa di un sistema. Al pm torinese risponde l'avvocato Astolfo Di Amato, che guida il pool di difesa di Schmidheiny: «L'amianto - ha detto - fa parte della storia industriale e sociale, e in tribunale si giudicano gli uomini, non la storia. Il processo non va caricato di significati extra giuridici, come per esempio la responsabilità sociale degli imputati».

Quello del giudice Palmesino è stato un provvedimento lungo e dettagliato. Poteva essere - come spesso succede - un rinvio generico e sintetico, invece, si è rivelato il contrario. Il gup ha voluto sottolineare come i reati contestati (che partono dal 1952) non possano essere prescritti. Un'affermazione chiara: «Il disastro è ancora in atto». Scrive nel documento: «Il disastro si sta ancora manifestando, provocando nuove malattie, sia negli ex lavoratori, sia nei cittadini che vivono in prossimità degli ex stabilimenti Eternit, o nei luoghi in cui è in uso materiale derivato dalla lavorazione dell'amianto». Inoltre «il materiale derivante dalla lavorazione utilizzato per costruzione, pavimentazione e coibentazione è ancora attualmente in uso nei siti».

Commosso, all'uscita del Tribunale, Bruno Pesce, leader del Comitato vertenza Amianto: «Dopo anni si restituisce dignità alle vittime. Sappiamo che gli scogli più grossi devono ancora arrivare, ma quella di oggi è una tappa importante». La sua è una lunga lotta, iniziata sul finire degli anni Settanta e sempre accompagnata da una forte partecipazione sociale. Ieri, erano in 140 i casalesi in aula. Sono quelli che, con altre 550 fra persone fisiche ed enti territoriali, si sono costituiti parte civile. Tra loro c'è chi lavorava all'Eternit, chi ha contratto l'asbestosi, chi in quella fabbrica non ci ha mai messo piede, chi ha perso il padre, il marito, la moglie o il fratello. Tutti portavano un adesivo giallo con scritto «Strage Eternit: giustizia». Nei corridoi, dopo la notizia, sorrisi, lacrime e felicità. Finalmente vittime e parenti vedono aprirsi una porta di speranza. Troppe volte la loro ansia di giustizia è stata delusa. Escono dal Palagiustizia e commentano la decisione del gup con poche ma significative parole: «Siamo felici». Lo dice, per tutti, una donna con gli occhi lucidi. Qualcuno fa la «V» di vittoria, con l'indice e il medio della mano destra. Altri si sfogano: Pietro ha 63 anni e racconta di quando lavorava all'Eternit: «Scaricavamo l'amianto blu, il più pericoloso. Di trenta che erano con me, siamo sopravvissuti in due. E adesso quella gente là deve andare in galera». A mezzogiorno ritornano a Casale, la città della fabbrica del cancro, il maledetto mesotelioma. Ma anche la città che ha messo in atto la più grande bonifica (non certo per opera dell'azienda che i suoi rifiuti li ha lasciati lì dove stavano). Presto, in via Oggero dove sorgeva il grande stabilimento dovrebbe nascere un parco. Si chiamerà «Eternot». Un nome che non ha bisogno di ulteriori spiegazioni.

Sergio Bonetto è l'avvocato di parte civile. Insieme a Pesce, alla pasionaria Romana Blasotti Pavesi, a Nicola Pondrano (segretario della Camera del lavoro di Casale), è uno dei protagonisti di questa storia. Da anni difende le vittime. «Adesso inizia un processo storico, che potrebbe essere d'esempio per tanti altri. Auspichiamo sia partecipato. Vorremmo, infatti, coinvolgere gli avvocati dei paesi europei, perché quello dell'amianto è un problema che va oltre i confini». I numeri fanno spavento: nelle previsioni, nei prossimi decenni i morti nel vecchio continente potrebbero raggiungere la cifra di duecentomila.

Mauro Ravarino
da il manifesto del 23 luglio

martedì 21 luglio 2009

Ma la strage continua anche a Palermo

Dopo gli incidenti della Toscana, questa mattina anche la Sicilia è stata nuovamente colpita dall'ennesima morte sul lavoro. La vittima è Francesco Vitiello, rimasto schiacciato da un trattore per lo scarico dei container al porto di Palermo. Vitiello era impegnato nelle operazioni di smistamento merci da una nave Snav, proveniente da Napoli e appena arrivata nel porto siciliano.

Dopo l'incidente i lavoratori portali della Sicilia hanno deciso uno sciopero di 24 ore: "Le condizioni di sicurezza sono precarie, un solo lavoratore all'interno delle navi rispetto ai tre del passato, svolge queste mansioni - ha spiegato all'agenzia Adnkronos Nino Napoli segretario Fit Cisl Portuali - Da tempo segnaliamo queste carenze, ma rimaniamo inascoltati". Le segreterie regionali di categoria hanno indetto 24 ore di sciopero per i lavoratori portuali, mentre i marittimi ritarderanno di un'ora le partenze di tutte le navi.

Nella fabbriche della Toscana
un morto e una grave esplosione

Dopo l'incidente mortale avvenuto sabato 18 alla Asso Werke di Fornacette (Pisa), in cui ha perso la vita il lavoratore Luigi De Muzio, domenica sera, alle ore 22, un altro grave episodio ha colpito l'industria toscana. Una fortissima esplosione all'interno delle Acciaierie Lucchini, provocata da un getto di acciaio liquido fuoriuscito da una paiola e venuto a contatto con l'acqua, ha coinvolto 6 lavoratori. Uno di loro è grave, a causa di un trauma toracico, gli altri 5 sono rimasti intossicati.

Come sottolinea un comunicato della Fiom/Cgil: "Questo incidente dimostra gravi carenze nei mezzi utilizzati e una più generale inefficienza nell'organizzazione del lavoro, a fronte dell'aumento della produzione con un minor organico coinvolto. Questo infortunio non può essere addossato alla fatalità o ad errori nei comportamenti dei lavoratori. Al contrario, è l'ennesima riprova che nella crisi le imprese (comprese quelle ad alto rischio, come le aziende siderurgiche) non applicano correttamente le norme per la tutela della salute dei lavoratori e, anzi, arrivano addirittura a disinvestire nella sicurezza con un conseguente aumento degli infortuni".

La Fiom ha proclamato per oggi 2 ore di sciopero, coinvolgendo non solo gli operai della Lucchini, ma tutti i lavoratori delle imprese che operano nello stesso sito siderurgico. "Come Fiom riconfermiamo la volontà di continuare a opporsi alla scellerata intenzione del Governo di cancellare il Testo Unico."

giovedì 2 luglio 2009

Il colpo di stato honduregno,
un fiammifero acceso per Obama

da il manifesto del 2 luglio 2009
un articolo di Gianni Minà

Alla fine il golpe militare in Honduras, il secondo paese più povero dell’America latina dopo Haiti, ha finito per nuocere più di tutti, per ora, alla nuova amministrazione Usa del presidente Barack Obama, che è rimasto praticamente con il fiammifero acceso in mano, specie considerando la sua più volte affermata intenzione di cambiare metodi e politica nel continente che, una volta, era “il cortile di casa” degli Stati Uniti.

Perchè è vero che Obama ha condannato il colpo di stato in Honduras, dichiarandosi “seriamente preoccupato per la situazione” e chiedendo “a tutti gli attori politici e sociali di quel povero paese di rispettare lo Stato di diritto”, ed è vero che sulla stessa linea si è espressa anche Hillary Clinton, ministro degli esteri, che ha ribadito “Sono stati violati i principi democratici”.

Ma nessuno può credere che l’ambasciatore Usa in Honduras, Hugo Llorenz, pronto a sua volta ad affermare “L’unico presidente che gli Stati Uniti riconoscono nel paese è Zelaya” (proprio il premier liberale deposto e cacciato in Costa Rica) non sapesse da tempo cosa stesse per succedere.

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