martedì 13 dicembre 2011

Casale Monferrato verso l'ok all'offerta di Schmidheiny per il ritiro dal processo Eternit. Venerdì il presidio dell'Afeva per dire no

Venerdì 16 dicembre, in occasione del Consiglio comunale di Casale Monferrato, si terrà un presidio per dire no all'accettazione da parte del Comune dell'offerta di risarcimento proposta da Stephan Schmidheiny, l'imputato svizzero del processo Eternit in corso a Torino. L'offerta chiede in cambio il ritiro del Comune dalla costituzione a parte civile dal processo in corso a Torino e dai futuri gradi di giudizio.

Di seguito il comunicato dell'Afeva (Associazione Familiari e Vittime Amianto) e sindacati, Cgil, Cisl e Uil.

Nell'incontro del 12.12.11 che abbiamo avuto con l'Amministrazione Comunale di Casale Monferrato, città simbolo nel mondo della lotta contro l'amianto e per la giustizia, è emersa chiaramente l'intenzione da parte della stessa Amministrazione di aderire alla proposta di transazione dell'imputato svizzero Schmidheiny, imputato di “disastro ambientale doloso permanente", e in attesa della sentenza prevista a Torino per il 13.02.2012: 18 milioni di € in cambio del ritiro, nei suoi confronti, dall'attuale e dai futuri processi.

Da parte nostra si è riconfermata la totale contrarietà all'accettazione di tale proposta.

Si è giunti finalmente a questo processo dopo una lunghissima lotta comune tra lavoratori, cittadini e amministrazioni locali. Il processo è stato voluto per ottenere giustizia di una strage enorme, lunga nel tempo e, purtroppo, non ancora finita.

La giustizia per le vittime viene prima. Il dato economico, pur importante, dopo.

sabato 19 novembre 2011

Un anno fa il dramma di Pike River in Nuova Zelanda. Persero la vita 29 minatori, i loro corpi sono ancora là sotto


Wellington (Nuova Zelanda), 19 nov. (LaPresse/AP) - Ricorre oggi un anno dalla tragedia della miniera di Pike River, in Nuova Zelanda, dove 29 uomini persero la vita per un'esplosione. Ma le famiglie, che oggi hanno preso parte a cerimonie pubbliche e private, lamentano di non essere ancora riuscite a recuperare i corpi dei propri cari. Troppo pericoloso scendere nel sottosuolo, viste le alte concentrazioni di gas che ancora sono presenti, spiegano le autorità. Secondo molti familiari, però, il governo neozelandese e gli avvocati fallimentari della Pike River sarebbero più concentrati sulla vendita della miniera che non sul recupero delle salme.

Bernie Monk, il cui figlio 23enne Michal morì nel disastro, spiega che ogni famiglia sta affrontando il dolore in modo diverso. "Alcune - dice - si sono spostate a vivere in altre zone. Altre si stanno riprendendo, altre ancora sono nel pieno del dolore. C'è chi poi non ha voluto nemmeno tenere cerimonie commemorative, in attesa di recuperare i corpi dei propri cari". Almeno 2.500 persone, tra cui il primo ministro neozelandese John Key, hanno partecipato oggi a una cerimonia pubblica allo stadio del rugby di Greymouth, la città più vicina alla miniera. La commemorazione è culminata con un minuto di silenzio alle 15.44 ora locale (le 3.44 in Italia), attimo in cui l'esplosione alimentata dal metano è avvenuta, proprio un anno fa. Alcuni giorni dopo, una nuova esplosione nel sottosuolo cancellò ogni speranza di trovare in vita i lavoratori e di finire la vicenda con un epilogo felice, come era stato per la miniera cilena di San Josè, dove 33 uomini furono riportati in superficie dopo 69 giorni. Tra le vittime di Pike River 24 erano cittadini neozelandesi, due scozzesi, due australiani, un sudafricano.

Dopo aver partecipato a una cerimonia privata, spiega ancora Monk, circa 180 familiari hanno deposto corone all'ingresso della miniera. Una famiglia ha invece inaugurato un memoriale a Greymouth, composto da 29 pietre di Pike River. Una per ogni vittima.

Alla cerimonia pubblica di oggi non ha preso parte Peter Whittall, ex direttore della Pike River Coal, contro cui la scorsa settimana sono stati presentati 12 capi d'accusa per il disastro. L'uomo è accusato di essere stato a conoscenza o di aver partecipato alla cattiva condotta della compagnia, che non ha garantito la sicurezza dei lavoratori. Whittall sostiene la sua innocenza e dice di essere solo un capro espiatorio. Attraverso i suoi avvocati ha emesso un comunicato in cui spiega la sua mancanza alla cerimonia pubblica, dicendo di non aver voluto attirare l'attenzione e aver ricordato la triste data privatamente. Il governo sta continuando le indagini sulla tragedia. Secondo alcuni esperti, la miniera non era fornita delle adeguate vie di fuga, né della necessaria ventilazione.

Dal sito internet di La Presse

mercoledì 16 novembre 2011


L'articolo uscito su BresciaOggi sulla bellissima serata a Montichiari venerdì 11 novembre 2011.

mercoledì 9 novembre 2011

Eternit: 18 milioni per il silenzio di Casale?

Un articolo di Fabrizio Laddago, dal sito di RadioGold

‘L’offerta del diavolo’, è stata ribattezzata così la trattativa segreta che Stephan Schmidheiny avrebbe avviato con l’amministrazione di Casale Monferrato. L’ex proprietario dello stabilimento dell’amianto spera, con una cifra tra i 18 e i 20 milioni di euro, che la città monferrina ritiri la costituzione di parte civile dal caso Eternit. La notizia ha scosso sindacati e associazione familiari vittime dell’amianto. Troppi interrogativi si affollano nei pensieri dei cittadini a cominciare dalle motivazioni del silenzio del Comune rispetto alla presunta trattativa. Il sindaco di Casale, Giorgio Demezzi, in un comunicato, ha spiegato come 'non ci sia nessuna trattativa in corso che veda coinvolta direttamente ed in prima persona l’Amministrazione comunale' e ha garantito la volontà di informare cittadini e consiglio comunale su temi così cruciali.
Dichiarazioni che però destano perplessità nel centrosinistra come confermato da Fabio Lavagno e Monica Cerutti di Sinistra Ecologia e Libertà: 'ci appaiono quanto meno poco decise le parole di Giorgio Demezzi, Sindaco della città che è stata sede dello stabilimento Eternit, che in un dichiarazione definisce la vicenda come “un’offerta preliminare su cui non è stata presa alcuna decisione”. Sono parole - proseguono i due esponenti di Sel - che appaiono fuori luogo per il Sindaco della città martire per l’enorme numero di vittime da mesotelioma, da cui le battaglie sindacali che hanno portato sino al processo di oggi sono partite e in cui da oltre vent’anni vi è una politica continua e capillare di bonifiche dei siti contaminati da amianto tale da generare su questa materia una sensibilità difficilmente riscontrabile altrove.'
Anche i cittadini e chi lotta continuamente contro l'amianto sono preoccupati e temono che l'offerta possa allettare: 'non si possono mettere i soldi davanti a tutto. Il denaro è importante soprattutto se non si ha, ma la giustizia non può cedere al profumo dei soldi - ha spiegato Bruno Pesce dell'Associazione Familiari Vittime dell'Amianto'. La città, insomma, spera che Casale continui a essere un esempio per il mondo nella lotta all’amianto e intanto le polemiche infuriano così come i dubbi.

lunedì 7 novembre 2011

Amianto. La polvere sottile
Appuntamento a Montichiari, l'11.11.2011


Nell’imminenza dell’inizio dei conferimenti presso la discarica di amianto Ecoeternit, sita in via Dritta a Montichiari, l’Associazione Comitato SOS Terra di Montichiari e il gruppo Presentarsì di Castiglione delle Stiviere propongono alla cittadinanza una serata informativa e di dibattito sullo scottante tema dell’amianto.
Fulcro della serata sarà la proiezione del film “Polvere, il grande processo dell’amianto” diretto da Niccolò Bruna e Andrea Prandstraller. Quest'ultimo sarà presente alla proiezione.

Seguiranno gli interventi di:
Gianluigi Rosa Presidente dell’Associazione Comitato SOS Terra Montichiari,
Ilaria Leccardi Giornalista,
Diego Quirino Presidente dell’Associazione “ Voci della Memoria “ di Casale Monferrato,
Luca Martini e Luca Cremonesi Associazione PresentARTsi.
Chiuderà la serata una breve recensione del libro “Ternitti” di Mario Desiati

lunedì 3 ottobre 2011

Alessandria rivuole il suo teatro. Una fiaccolata invade la vie del centro cittadino per chiedere giustizia e trasparenza

Una grande serata di lotta, alla ricerca della giustizia. Domenica 2 ottobre 2011, la città di Alessandria ha manifestato per chiedere indietro il suo teatro, sottratto da oltre un anno, divorato dall'amianto. Muto, silenzioso, ormai da troppo tempo.

La cronaca dal sito di Radiogold

“Ci hanno tolto il teatro, riprendiamoci la città”, “Teatro, giustizia, verità”, “Mancuso, Repetto, e Fabbio a casa”. Sono questi alcuni degli slogan che hanno accompagnato la fiaccolata di ieri sera per le vie del centro di Alessandria, un anno dopo la chiusura del Teatro Comunale per la dispersione di polveri di amianto. Circa 500 persone hanno partecipato all’iniziativa del Comitato Ridatecilteatro, nato per chiedere la riapertura del teatro e la tutela dei lavoratori. I membri del comitato, insieme a politici, lavoratori ed ex lavoratori del teatro e semplici cittadini si sono ritrovati davanti al Teatro Comunale e hanno attraversato la città fin sotto il Comune, in piazza della Libertà per ribadire la loro preoccupazione per il futuro culturale di Alessandria, una città da un anno senza teatro e soprattutto per chiedere trasparenza sul percorso di bonifica che prenderà il via. Durante il corteo ci sono stati molti interventi.

Piera Rosi, portavoce del Comitato, in apertura, ha spiegatole ragioni della fiaccolata: le ultime dichiarazioni del sindaco Piercarlo Fabbio secondo cui la dispersione dell’amianto in teatro sarebbe oggi meno grave tanto da arrivare entro cinque mesi alla riapertura non convincono i membri del Comitato. Assurda, poi, a loro avviso la decisione di affidare i lavori di bonifica alla stessa ditta che provocò i danni un anno fa, la Switch 1988. Restano dubbi anche sulla assunzione, attraverso l’Aspal, dei nove lavoratori del teatro i cui contratti sono scaduti, come ha ricordato un altro membro del Comitato, Matteo Bottino. Tra gli interventi anche quello del portavoce dell’associazione casale Voci della Memoria, che si batte contro l’amianto. Il portavoce dell’associazione, Luca Cavallero, ha invitato gli alessandrini a non mollare e a sollecitare le istituzioni a fare chiarezza sulla vicenda ‘teatro’. Giunti sono il Comune. i ragazzi del Laboratorio Sociale di via Piave che aprivano il corteo hanno bollato Palazzo Rosso come ‘area da bonificare’ con un manifesto appeso sul portone comunale. A prendere la parola in chiusura è stata Margherita Bassini, altro membro del Comitato, la quale ha riportato la descrizione del Teatro Regionale Alessandrino, così come si legge sul sito del Tra: “La Fondazione Teatro Regionale Alessandrino è un grande progetto di produzione culturale, un sistema di teatri, una nuova stagione per il territorio alessandrino, nata dall' esperienza della gestione passata dell' A.T.A. Srl. Il Teatro Regionale Alessandrino (T.R.A.) ha finalità artistiche, culturali e sociali con specifico riferimento al teatro nelle sue espressioni tradizionali, di ricerca e interdisciplinari, con particolare attenzione alla drammaturgia contemporanea e al rinnovamento della scrittura scenica e dei linguaggi artistici”
“Belle parole -ha commentato la Bassini - che però purtroppo negli ultimi mesi sono rimaste tali”.

Il Comitato Ridatecilteatro dopo questa riuscita fiaccolata continuerà la sua attività, con le assemblee settimanali aperte a tutti e nuove iniziative in cantiere. Per saperne di più potete visitare il sito ridatecilteatro

venerdì 12 agosto 2011

In manette 'El Compayito', capo narcos messicano del cartello ''La Mano con Ojos'.
600 omicidi sulle spalle

dal sito di La Presse

Toluca (Messico), 12 ago. (LaPresse/AP) - La polizia messicana ha arrestato Oscar Osvaldo Garcia Montoya, detto 'El Compayito', leader della banda 'La Mano con Ojos' (La mano con gli occhi), il quale ha confessato di aver ordinato o di aver partecipato a oltre 600 omicidi. Come spiega il procuratore generale dello stato del Messico, Alfredo Castillo, l'uomo è stato arrestato in un raid notturno in una casa nella periferia di Città del Messico. Il gruppo di cui Garcia Montoya è leader è uno dei principali protagonisti della guerra della droga nel nord del Paese e nell'area della capitale, dove combatte per il controllo della vendita di stupefacenti. L'organizzazione è conosciuta per l'estrema violenza con cui conduce le sue azioni, tra cui anche la pratica della decapitazione. Molte delle vittime sono narcotrafficanti e rivali.

Secondo quanto riferisce il procuratore, Garcia Montoya è un disertore dei marine messicani che in passato ha lavorato come guardia del corpo di alcuni esponenti di spicco dei cartelli della droga, tra cui Edgar Valdez, detto 'La Barbie', omicida del cartello Beltran Leyva arrestato nel 2010. Dopo la cattura di Valdez e la morte di altri leader del cartello, Garcia ne è uscito e ha formato il suo gruppo. "Nelle prime dichiarazioni che abbiamo raccolto - spiega Castillo - 'El Compayito' e la sua gang hanno riconosciuto di aver partecipato personalmente a 300 omicidi e di averne ordinati altri 300".

Sfilando davanti ai giornalisti, tenuto da due agenti di polizia mascherati, ieri Garcia si è mostrato con uno sguardo freddo. Castillo ha anche aggiunto che l'uomo è stato addestrato in passato dall'unità delle forze speciali del Guatemala dei 'Kaibiles', conosciuti per aver condotto diversi massacri durante la guerra civile nel Paese centroamericano, terminata negli anni '90. Sembra infatti che alcuni membri di quella unità siano poi stati ingaggiati dai cartelli della droga messicani.

lunedì 8 agosto 2011

Guatemala, la giustizia batte il secondo colpo

Le condanne a 6060 anni agli autori della strage di Dos Erres. Era l'unità dell'esercito chiamata Kaibiles. Per non dimenticare.

http://lepersoneeladignita.corriere.it/2011/08/08/guatemala-la-giustizia-batte-il-secondo-colpo/

martedì 12 luglio 2011

Amianto ad Alessandria, botta e risposta tra il sindaco Fabbio e il comitato 'Ridateci il Teatro'

Così Tatiana Gagliano sul sito di RadioGold ha seguito gli ultimi sviluppi della vicenda del Teatro comunale di Alessandria, chiuso da 9 mesi per il ritrovamento di amianto. Ieri sera il comitato Ridateci il Teatro, che da mesi si batte per garantire un futuro all'istituzione alessandrina, ha tenuto una conferenza stampa all'esterno della struttura per esprimere la propria posizione e avanzare le proprie rivendicazioni alla luce degli ultimi sviluppi.

La polvere all’interno del Teatro Regionale Alessandrino ormai non è più solo quella di amianto. Dallo scorso ottobre nessun cittadino è più entrato nelle sale della struttura, fino a 9 mesi fa anima culturale della città di Alessandria. Le saracinesche continuano ad essere inesorabilmente abbassate e le porte sigillate. Il silenzio assordante che accompagna la vicenda del Teatro Regionale Alessandrino è stato di nuovo interrotto dalla voce del comitato “Ridateci il Teatro”. Dopo la notizia della chiusura delle indagini da parte della Procura e quindi la formulazione dei capi d’accusa per i quattro membri del consiglio d’amministrazione del Tra e tre dirigenti della Switch 1988, il comitato vuole avere delle risposte chiare.

Tante le domande rivolte soprattutto al primo cittadino di Alessandria, Piercarlo Fabbio, ma non solo. “Vogliamo innanzitutto – ha sottolineato ieri Margherita Bassini del comitato “Ridateci il Teatro”- che i dirigenti della Fondazione inquisiti rassegnino le loro dimissioni. Il sindaco Fabbio, prima della chiusura delle indagini, aveva confermato la sua fiducia alla Presidente Mancuso. Ma ora?”. Per Elvira Mancuso la Procura dovrebbe infatti chiedere il rinvio a giudizio per il reato di abuso d’ufficio, contestato anche al consigliere del Tra e rappresentante in consiglio di amministrazione di Amag, Lorenzo Repetto, Paola Bonzano, assessore alla cultura di Valenza, e Gianni Cazzulo, presidente del collegio dei revisori dei conti. Ma le responsabilità della Presidente, in base a quanto emerso dalle indagini della Procura, sarebbero inoltre aggravate dal non aver vigilato sulla sospensione delle attività durante le operazioni di rimozione dell’amianto in teatro.

Arriva indirettamente, tramite i nostri microfoni, la risposta del sindaco di Alessandria Piercarlo Fabbio. “Io scelsi una Presidente perché fosse un’operatrice culturale di buon livello. – ha replicato il primo cittadino - Scelsi un operatore, Franco Ferrari, perché fosse un operatore amministrativo di gran livello. Purtroppo le procedure amministrative non sono state rispettate. Mi pare, invece, che la proposta culturale del teatro sia di buon livello”. Dopo la stoccata all’ex direttore Ferrari e il positivo giudizio sull'operato della Presidente, il sindaco di Alessandria, Piercarlo Fabbio, ha rinviato al mittente un altro dei quesiti posti dal comitato. “Vogliamo sapere – aveva chiesto ancora ieri Margherita Bassini - se i soci della Fondazione Tra si costituiranno parte civile nell’eventuale processo contro i sette indagati”. Quesito, per il sindaco, rivolto al soggetto sbagliato. “Se ci sarà necessità - ha precisato Fabbio – lo faremo. Questa domanda va fatta in ogni caso all’avvocatura comunale. Non mi pare comunque che nessuno sia già stato rinviato a giudizio. Questo non è un aspetto che ci aiuta a risolvere i problemi. In questo modo possiamo solo individuare delle responsabilità, cosa che non spetta a noi ma alla Magistratura. Questo è un giustizialismo di basso livello”.

Il problema, quindi, è la bonifica e la riapertura del teatro. “A distanza di mesi – ha spiegato ieri Margherita Bassini del Comitato “Ridateci il Teatro” – non sappiamo ancora nulla sui lavori di bonifica. L’idea ventilata dall’assessore al bilancio di Alessandria, Luciano Vandone, di riaffidare i lavori alla Switch 1988 è assurda, anche se fosse a titolo risarcitorio”. Per la Procura di Alessandria, in effetti, tre dirigenti della Switch 1988 sarebbero colpevoli di “mancata adozione di provvedimenti idonei alla non diffusione delle fibre di amianto”. L’accusa da parte della Magistratura non sembra aver fatto cambiare idea al sindaco di Alessandria. “Innanzitutto – ha voluto precisare Piercarlo Fabbio – noi non “riaffidiamo nulla”. La ditta si è dichiarata disponibile a restituire i locali così come li aveva trovati. Una disponibilità che ci farà risparmiare due milioni di euro. Non si tratta di un affidamento dei lavori da parte dell’Amministrazione. Il Comune non sta scegliendo nessun soggetto,chiede solo di riavere il teatro nelle stesse condizioni in cui lo aveva affidato alla Switch”.

Tra le molte domande poste dal comitato “Ridateci il Teatro”, rimane ancora una volta quella del futuro dei nove lavoratori a tempo determinato con contratto, ancora una volta, in scadenza. “I lavoratori sono di nuovo a rischio. – ha ricordato Mauro Buzzi della Cgil – Il contratto scadrà il 31 luglio. Noi chiediamo, così come aveva scritto il sindaco di Alessandria al Prefetto che ci sia il rinnovo per tutta la prossima stagione”. Una promessa che dovrebbe essere mantenuta, se pur con qualche differenza rispetto a quanto dichiarato dallo stesso Piercarlo Fabbio in una conferenza stampa alcuni mesi fa. “A questi lavoratori potrebbe essere trovata una collocazione diversa. – ha spiegato il sindaco - La Giunta ha relazionato mercoledì su questa questione e una soluzione potrebbe essere stata trovata. Non c’è stata ancora nessuna delibera, quindi non ne parlo, ma mi sento di dare speranza a tutti”. Posto di lavoro forse confermato, ma sembrerebbe lontano dalle luci del palcoscenico del Tra. “I contratti – ha concluso il sindaco Fabbio – verranno rinnovati fino a giugno/luglio 2012, così come avevo già dichiarato. I lavoratori potrebbero però essere impiegati anche fuori dal teatro. Questo non è importante. Se uno và a lavorare in via Savona, piuttosto che da un’altra parte, l’importante è che vada a lavorare. La cosa fondamentale è garantire i posti di lavoro”.

venerdì 8 luglio 2011

Amianto alla caserma Valfrè di Alessandria: “E' il caso di ospitarci i centauri?”

Ad Alessandria l'amianto fa paura non solo al teatro comunale. In questo articolo di Ettore Grassano, da AlessandriaNews, si affronta la situazione alla caserma Valfrè, in pieno centro cittadino.

“Ma davvero, con tutto quell’amianto in precarie condizioni, è il caso di continuare ad organizzare manifestazioni alla Valfrè? A cominciare dai centauri, che un po’ di polvere la solleveranno pure, no?”. Matteo Bottino vive in uno dei palazzi che circondano l’ex caserma, nel cuore di Alessandria, e da mesi si sta battendo, insieme ad una trentina di altri abitanti del quartiere, perché sia fatta un po’ di chiarezza sulla situazione, e sugli eventuali rischi per chi vive (e respira) in zona. Il timore del gruppo di cittadini è legato alla probabile presenza all’interno della Valfrè di materiale in eternit, in particolare nell’area delle ex scuderie, dove le tegole si stanno sfaldando.

“Corso Cento Cannoni e vie limitrofe non sono proprio disabitate, e nei pressi c’è anche un importante plesso scolastico, pieno di bambini per 9 mesi all’anno. Possibile che si prenda la questione sottogamba?”. Bottino in realtà non mette in discussione l’impegno e la disponibilità degli addetti ai lavori dell’Ufficio Ambiente del Comune, ma ha parecchio da ridire sulla tempistica di verifica e intervento. “La vicenda – precisa – si trascina praticamente da un anno. Ora finalmente ci hanno comunicato che sarebbe in arrivo in questi giorni la tanto attesa relazione Arpa, in base alla quale pare (ribadisco pare: non abbiamo ancora avuto accesso agli atti) si stabilisca che una bonifica deve essere effettuata entro un anno, forse due. Ma bonifica totale o incapsulamento? Vedremo, speriamo ce lo dicano presto…”.

Il problema però, secondo Bottino e gli altri residenti, è che fare nel frattempo. Ha senso continuare ad utilizzare la struttura per iniziative di intrattenimento che tra l’altro attirano alla Valfrè migliaia di persone, assolutamente ignare della situazione? E il prossimo week end, in particolare, ha senso utilizzare ugualmente la struttura come punto di riferimento per la festa dei Centauri? “Nessuno mi sta offrendo risposte – spiega Bottino – e men che meno nessuno si prende responsabilità. Sto facendo la trottola tra Comune, Vigili, Asl e Arpa. Alla fine qualcuno dovrà pure farsi carico delle decisioni degli enti, o almeno così spero”. La situazione proprietaria della Valfrè, di proprietà del Demanio e in gestione al Comune, certamente nei mesi scorsi non ha aiutato ad accelerare la soluzione del problema. Vedremo se dopo il recente decisivo intervento dell’on. Maurizio Grassano per l’acquizione gratuita dell’immobile da parte di Palazzo Rosso, qualcosa cambierà nelle prossime settimane o mesi. Intanto i residenti attendono risposte concrete. Fiduciosi ma agguerriti.

mercoledì 6 luglio 2011

Il pm Raffaele Guariniello chiede vent'anni di reclusione per i vertici Eternit

L'articolo di Massimiliano Francia, da Il Monferrato del 4 luglio 2011, sulla richiesta di condanna chiesta dal pm Raffaele Guariniello nel processo contro i vertici dell'Eternit in corso a Torino.

Vent’anni di reclusione per ciascuno dei due imputati: questa la condanna appena chiesta dal pm Raffaele Guariniello al termine della lunga, appassionata requisitoria del pool dell’accusa al maxiprocesso Eternit. Dodici anni la pena massima prevista dal reato contestato, il disastro doloso, aggravata dalla continuazione: per i vertici Eternit, lo svizzero Stephan Schmidheiny e il belga Louis de Cartier, l’accusa principale è infatti di disastro doloso permanente per la diffusione dell’amianto.

Enorme l’inchiesta sul disastro causato da Eternit condotta da Guariniello con i magistrati Sara Panelli e Gianfranco Colace, per individuare i due responsabili della strage: lo svizzero Stephan Schmidheiny che ha governato la multinazionale della morte dal 1972 al fallimento e il barone belga Louis de Cartier de la Marchienne, che secondo l’accusa diresse l’Eternit a partire dal 1966 e fino a quando all’inizio degli anni Settanta subentrarono gli svizzeri. Furono loro – è la tesi dell’accusa – gli amministratori di fatto, i veri responsabili, coloro che facevano le scelte fondamentali che potevano influire e - di fatto - influirono, negativamente, sulla qualità dell’ambiente di lavoro e dell’ambiente di vita nei territorio in cui insistevano gli stabilimenti dell’Eternit al fine di prevenire malattie e infortuni.
Loro che adottarono una serie di condotte delittuose perpetrate nonostante la consapevolezza che avrebbero causato quella strage; circa tremila tra morti e malati, un numero enorme a cui occorre aggiungere un’altra dolorosa parola: finora! Perché il disastro non ha ancora finito di dispiegare i suoi drammatici effetti. Loro che fecero le scelte che hanno esposto i lavoratori, i quali si trovarono a svolgere le loro mansioni direttamente a contatto con la fibra killer, mettendo le mani nell’amianto blu per buttarlo nelle tramogge degli impasti - per fare solo un esempio - senza cautele e protezioni adeguate. Perché all’Eternit scarseggiavano persino le mascherine... Loro che hanno messo a rischio la vita e salute dei cittadini diffondendo materiali pericolosi - senza badare alle conseguenze - in cortili, asili, oratori, ovunque. Loro che hanno messo a rischio le mogli che lavavano le tute, a rischio i figli tenuti in grembo dalle mamme per allattarli, quando rientravano di corsa con il grembiule sporco d’amianto perché l’azienda non prevedeva alcun servizio lavanderia e i lavoratori rientravano a casa pieni di polvere.

Una responsabilità che non è cessata nemmeno con il fallimento perché a causa del grave, diffuso, doloso inquinamento causato in una intera città e in un intero territorio continua ancora adesso il pericolo causato decine di anni fa dai comportamenti delittuosi, secondo l’accusa, mantenuti con pervicacia e perseveranza fino all’ultimo. Non solo, ma con la consapevolezza del dolo gli imputati hanno operato con lo scopo di manipolare l’informazione, di ritardare la diffusione delle conoscenze scientifiche con strutture appositamente attrezzate e dedicate (il centro del dottor Robock a Neuss e lo studio di pr di Bellodi a Milano) e che sono costate milioni e milioni di euro. Stessa richiesta di pena perché in realtà secondo la Procura la gestione fu sempre condivisa, al di là di assetti societari che sono di fatto insondabili: una galassia di mille società in cui formalmente si può perdere la testa ma di fatto comandavano persone ben individuate.

Vent’anni di carcere più le pene accessorie: «interdizione perpetua dai pubblici uffici, incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione per la durata di anni tre anni, interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giudiriche delle imprese per la durata complessiva di anni dieci», ha scandito il pm Guariniello concludendo la propria richiesta. Soddisfazione al termine dell’udienza espressa da Romana Blasotti Pavesi, presidente della Associazione familiari vittime dell’amianto di Casale, cinque lutti in famiglia a causa dell’amianto, simbolo di una lotta che dura da trent’anni: «È una inchiesta condotta non solo con il intelligenza ma anche con il cuore. Credo che i familiari delle vittime possano essere soddisfatti».

di Massimiliano Francia

mercoledì 25 maggio 2011

Processo Montedison. Spuntano le foto choc
Gli operai lavoravano tra tonnellate di amianto


Da La Gazzetta di Mantova del 24 maggio 2011
un articolo di Giancarlo Oliani

MANTOVA. Colpo di scena al processo Montedison davanti al tribunale di Mantova. L'accusa, con una mossa che ha sorpreso tutti, ha presentato in aula "prove schiaccianti" sull'esposizione all'amianto a cui erano sottoposti gli operai del petrolchimico. Si tratta di una documentazione fotografica eccezionale, che si riferisce proprio agli anni (dal 1972 al 1989) in cui i dodici ex manager, oggi imputati, avrebbero causato la morte di 72 operai. Il tutto attraverso il puntuale e scioccante resoconto del dottor Paolo Ricci: "Il pericolo è stato sottovalutato".

E' stato proprio Paolo Ricci, attuale responsabile dell'Osservatorio epidemiologico dell'Asl di Mantova, ma all'epoca tecnico appena assunto, ad assestare un durissimo colpo alla difesa che alle prime battute dell'udienza aveva cercato, ma con scarso successo, di controbattere alle tesi scientifiche del perito Merler sugli effetti cancerogeni della sostanza. Obiettivo dei legali della difesa dimostrare la scoperta tardiva di quel pericolo e quindi la non responsabilità dell'azienda.

Ma la testimonianza di Ricci, nella sua duplice veste di testimone e ufficiale di polizia giudiziaria, ha dimostrato l'esatto contrario. Ricci ha spazzato via, in un sol colpo, molti di quei dubbi sui quali i difensori di Montedison avevano puntato, in particolare sulla carenza o la mancanza di documentazione.

Il racconto di Ricci davanti ai giudici. «Sono stato assunto dall'Asl il 19 settembre del 1988 - ha detto in aula - e pochi mesi dopo, il 24 febbraio 1989, ho effettuato il primo sopralluogo alla Montedipe, dov'era stato demolito un impianto per la produzione dello stirene. Era la prima volta che succedeva. Un atto di disobbedienza nei confronti della direzione dell'Asl che per anni aveva gestito i controlli in termini negoziali. Trovai un'area con materiale di decoibentazione che poteva contenere amianto. Raccolsi un campione del materiale e un laboratorio di Verona mi confermò la presenza della sostanza».

«Il responsabile della sicurezza interna mi disse che era impossibile e che in azienda non c'era amianto, aggiungendo: ma lo sanno i suoi superiori che lei è qui? Ebbene furono trovati 300 quintali di materiale contenente amianto che veniva movimentato con mezzi meccanici, sollevando le pericolose polveri di cui anche i dipendenti si erano lamentati. C'era da affrontare una situazione d'emergenza. Diffidammo l'azienda a sgombrare subito l'area, bagnando le macerie e chiedemmo una mappatura delle coibentazioni».

Nei mesi successivi furono trovati anche altri 300 sacchi contenenti lo stesso materiale di decoibentazione. Furono sequestrati e l'allora manager finì a processo poi caduto in prescrizione. Ma l'amianto era ovunque e le foto lo dimostrano. Dal 1992 al 2006 furono asportati un milione e 195mila chili di materiale: la metà (quasi 600 tonnellate, ndr) era amianto.

Ma la mazzata finale di Ricci è arrivata quando gli è stato chiesto di rispondere alle domande nella sua qualità di ufficiale giudiziario. Ha raccontato della perquisizione e del sequestro effettuati il 5 aprile del 2001. Tutte le attività del laboratorio ricerche dell'azienda ora sono contenute in un floppy disk e per quanto concerne la manutenzione pochi i documenti trovati, conservati nei locali di via Chiassi. Il resto riguarda soltanto atti amministrativi. L'intera documentazione è stata esaminata e scremata.

Ricci era riuscito ad ottenere anche il censimento dell'amianto con relativa planimetria dall'Enichem che era subentrata a Montedison. Le conoscenze sull'amianto, in quel periodo c'erano. Eccome. Ricci ha raccontato in aula d'aver eseguito uno studio per conto della procura di Firenze, sulle Grandi Officine delle Ferrovie dello Stato. Ebbene già nei primi anni Ottanta avevano preso delle precauzioni con ambienti dedicati per la bonifica della sostanza nociva. Cosa che invece non è avvenuta in Montedison. «C'era quindi un sistema - ha chiesto il pm Giulio Tamburini - per la rimozione sicura dell'amianto?». «Certo. Bastava uno spazio dedicato, la protezione degli addetti, acqua e vinavil».

giovedì 21 aprile 2011

Per Vittorio

Avrei voluto poterti stringere e dirti grazie, toccata dalla tua anima gentile, divertita dalla tua "r" moscia, ispirata. Come lo rimarrò. Perché tu prendevi per braccio i bambini di Gaza e regalavi sorrisi, mani forti, speranze. Il mio è un pensiero intimo, per te che oltre al sogno hai avuto il coraggio.
Grazie Vittorio.





Il mio pensiero si unisce a queste splendide parole, dedicate a te da Ibrahim Nasrallah

A Vittorio Arrigoni

Hanno ucciso tutti
Hanno ucciso tutti
hanno ucciso tutti i minareti
e le dolci campane
uccise le pianure e la spiaggia snella
ucciso l’amore e i destrieri tutti, hanno ucciso il nitrito.
Per te sia buono il mattino.
Non ti hanno conosciuto
non ti hanno conosciuto fiume straripante di gigli
e bellezza di un tralcio sulla porta del giorno
e delicato stillare di corda
e canto di fiumi, di fiori e di amore bello.
Per te sia buono il mattino.
Non hanno conosciuto un paese che vola su ala di farfalla
e il richiamo di una coppia di uccelli all’alba lontana
e una bambina triste
per un sogno semplice e buono
che un caccia ha scaraventato nella terra dell’impossibile.
Per te sia buono il mattino.
No, loro non hanno amato la terra che tu hai amato
intontiti da alberi e ruscelli sopra gli alberi
non hanno visto i fiori sopravvissuti al bombardamento
che gioiosi traboccano e svettano come palme.
Non hanno conosciuto Gerusalemme … la Galilea
nei loro cuori non c’è appuntamento con un’onda e una poesia
con i soli di dio nell’uva di Hebron,
non sono innamorati degli alberi con cui tu hai parlato
non hanno conosciuto la luna che tu hai abbracciato
non hanno custodito la speranza che tu hai accarezzato
la loro notte non si espone al sole
alla nobile gioia.
Che cosa diremo a questo sole che attraversa i nostri nomi?
Che cosa diremo al nostro mare?
Che cosa diremo a noi stessi? Ai nostri piccoli?
Alla nostra lunga dura notte?
Dormi! Tutta questa morte basta
a farli morire tutti di vergogna e di sconcezza.
Dormi bel bambino.

domenica 10 aprile 2011

Se a teatro piove amianto

La mia città, Alessandria, e una vicenda dolorosa che riguarda la salute, la cultura, i lavoratori, la bassa battaglia politica, la dignità di una popolazione, raccontata dall'amico Mauro Ravarino.

Una nube, tanta polvere e quattromila persone in platea. È amianto. Lo scoprirà l’Asl e farà chiudere a tempo indeterminato il teatro di Alessandria. Le fibre si sono diffuse nella sala grande dopo una “bonifica” dell’impianto di riscaldamento. La decisione dell’intervento, assegnato senza gara d’appalto, fu presa in un cda contestato (forse senza numero legale), ora indagato insieme ai vertici della ditta esecutrice (la Switch 1988). In mezzo, un intreccio da spy story con verbali che scompaiono e riappaiono oscurati e uno scontro durissimo tra maggioranza di centrodestra e opposizione.


La polvere spuntava dappertutto. Sui braccioli delle sedie, dietro le quinte e vicino al sipario. E poi c’era quella strana nebbiolina bianca, poco rassicurante. Più in là era collocato il cantiere, affidato dalla fondazione Teatro Regionale Alessandrino (abbreviata in Tra) alla Switch 1988, per la bonifica dell’impianto di riscaldamento. Quello con l’amianto (mappa di platea e interrato).

«I responsabili ci dicevano di stare tranquilli che erano solo calcinacci. Niente di grave», raccontano i tecnici del teatro di Alessandria. «Niente fibre pericolose». Ma qualcosa nei lavori, probabilmente, era andato storto: «E non ce lo dicevano». Mancava poco alla rassegna Precipitevolissimevolmente, meno di un giorno. Dal 23 al 26 settembre dello scorso anno, sarebbero saliti sul palco Lella Costa, Paolo Rossi, Yo Yo Mundi, Erri De Luca e Gianmaria Testa. E quattromila persone si sarebbero sedute in platea. Nonostante gli allarmi, il teatro (prima la Sala grande con 1200 posti, poi le altre due: Ferrero e Zandrino) verrà chiuso precauzionalmente dall’Asl solo il 2 ottobre. Nel pomeriggio agli orchestrali del concorso Pittaluga, impegnati nelle prove, era capitata una disavventura: la polvere era piovuta dal soffitto sulle giacche e sulle teste dei musicisti, trasferiti di gran lena in duomo. Una «nube d’amianto», scopriranno qualche giorno dopo le analisi della Asl: un livello di 16,3 fibre/litro di amianto nei luoghi maggiormente frequentati del teatro (nel precedente sondaggio quantitativo era risultato un tasso di fibre di polvere del 66,7% sul totale, rispetto al 20% consentito). [Continua]

di Mauro Ravarino da Linkiesta, 8 aprile 2011